comunicato n°195 del 9 ottobre 2013

Negli ultimi anni la Rai si è dedicata ad una intensificazione dei processi burocratici, perdendo di vista il motivo per il quale è iniziato questo “viaggio”: fare Televisione. Asettici ed impersonali gestori hanno operato tagli chirurgici su sistemi “scatolati” dei quali conoscevano poco o nulla.

Tutto è stato passato alla sola verifica finanziaria con la regola del “tanto entra, tanto esce” e le capacità nell’ambito economico sono state l’unico requisito richiesto a chi ha posto in essere questo processo degenerativo.

La spinta propulsiva e propositiva del nuovo Direttore Generale ha però scrollato via la ruggine da qualche ingranaggio aziendale, che per troppo tempo è stato fossilizzato su posizioni ormai superate, infondendo nuova linfa in diversi settori. La parte più propriamente produttiva della nostra azienda è stata considerata, negli ultimi anni, un peso da eliminare, trascurando il fatto che rappresenta le fondamenta del castello. Tolta quella il resto crolla.

Controllori, controllanti, uffici di gestione, uffici di complicazione, e chi più ne ha più ne metta hanno vissuto e vivono in una condizione di dipendenza a doppia maglia con i settori più propriamente produttivi. Tralasciamo volutamente i discorsi micro e macro economici, che necessiterebbero di una ben più lunga e aulica trattazione al fine di dimostrare che l’outsourcing non è la panacea di tutti i mali, per concentrarci sulla curiosa idea, giunta alla ribalta, secondo la quale nella nostra azienda non occorrerebbe produrre.

Comprare e rivendere prodotti altrui, delegare lavori verso l’esterno, appaltare. E’ una naturale evoluzione dirà qualcuno. In verità distruggere la parte produttiva equivale a minare le fondamenta di un sistema che inevitabilmente imploderà su se stesso.

Per fortuna l’orientamento aziendale volto allo smantellamento della professionalità acquisita sembrerebbe essere stato messo in minoranza. Per inciso, la professionalità è l’elemento che fa la differenza tra una grande azienda e un’azienda che si barcamena nel mercato. La miope visione volta alla “dismissione” prevedeva che ogni figura produttiva potesse essere tagliata e poco importava se essa rappresentasse un fulcro essenziale nel processo produttivo.

Per converso, la rediviva lungimiranza aziendale, che riscuote ovviamente il nostro plauso, dovrebbe rivalutare figure professionali accantonate dal periodo oscurantista ed essenziali sia nel cinema che nella televisione. Nello specifico vogliamo ricordare in questa sede il fonico.

Questa è una professionalità che si acquisisce con anni di studio o di esperienza sul campo e che contribuisce alla realizzazione di prodotti di elevata qualità (fiction, cinema, documentari, docufiction, ecc.). Il radicale cambiamento di produzione che sta investendo le riprese esterne leggere (fiction e documentari) ripropone il problema di figure professionali elise ed ora nuovamente necessarie per quel prodotto di qualità che è vanto della Nostra Azienda.

In tal senso ci è dispiaciuto sentire il Direttore Generale, in una recente audizione in commissione di vigilanza, affermare che in Rai esistono troppe figure professionali, quindi cogliamo l’occasione per ricordare che da sempre ed in tutto il mondo esistono delle figure professionali essenziali, necessarie alla realizzazione di un prodotto di elevato standard qualitativo.

Nello specifico, l’audio in presa diretta si presenterà presto come un elemento da affidare a personale qualificato per tale compito nonostante sia stato ritenuto in passato, con troppa leggerezza e superficialità, eliminabile. In conclusione tornare a fare prodotti con elevato standard qualitativo richiede l’impiego di determinate figure professionali, e questo è un requisito imprescindibile per un’azienda leader nella comunicazione: la Nostra Rai.

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