CIRCOLARE
N. 10/2000
DIR. GEN. RR. LL. DIV. V
DIR. GEN. AFFARI GEN.
PERSONALE Prot. n. 5/25388/70/ORA
Oggetto: L. 409/98: orario di lavoro Multiperiodale, soluzioni applicative. Risposta a quesiti su ulteriori problematiche in tema di orario di lavoro |
Alle Direzioni Regionali
e Provinciali del lavoro Alle Direzioni Regionali e
Provinciali del lavoro Alle Direzioni Regionali e
Provinciali del lavoro Alla Regione Siciliana Alla Provincia Autonoma
di Bolzano Alla Provincia Autonoma di
Trento Al Servizio controllo interno |
1.1. Orario multiperiodale
Com’è noto, l’orario multiperiodale, già previsto dall’art. 4 del R.D.L. n. 692 del 1923, era riferito alle sole lavorazioni e industrie, individuate con R.D. 10.9.1923 n. 1957 (e successive modificazioni), per le quali, solo in presenza di esigenze tecniche o stagionali, era consentita la facoltà di ripartire l’orario massimo normale di lavoro su periodi ultra settimanali.
1.2
L’art. 1 del decreto di cui si tratta riferisce la multiperiodalità, cioè
la possibilità di eseguire orari settimanali superiori e inferiori all’orario
normale a condizione che la media corrisponda alle 40 ore settimanali, ad un
periodo non superiore all’anno, da ritenere solare, non avendo il legislatore
utilizzato diversa espressione (esplicita indicazione riferita a mesi).
L’art. 2, comma 1, impone l’obbligo dell’informazione di cui all’art. 5
bis del R.D.L. n. 692/23, come modificato dall’art. 1 della Legge n. 409/98,
al Servizio Ispezione della Direzione Provinciale del Lavoro, in presenza di pestazioni di lavoro straordinario eccedenti le venti ore complessive
nell’arco del mese solare e allorquando l’orario di lavoro plurisettimanale
non ecceda le 45 ore.
Così, ad esempio, se l’orario plurisettimanale è annuale e si suddivide in
tre diversificate fasce orarie: da gennaio ad aprile 36 ore setimanali, da
maggio ad agosto 46 ore settimanali e da settembre a dicembre 44 ore
settimanali, la comunicazione andrà fatta ogni qualvolta sia nel primo che nel
terzo periodo vi sia, in ciascun mese solare, una prestazione eccedente le 20
ore rispetto alle 36 ed alle 44 ore settimanali normalmente predeterminate.
Agli effetti delle disposizioni di cui sopra, è da considerare lavoro
straordinario quello eseguito oltre l’orario formalmente determinato
dall’imprenditore nei diversi moduli compresi nell’arco temporale
multiperiodale.
L’informazione di cui si tratta dovrà essere resa entro il primo giorno
feriale lavorativo del mese successivo a quello in cui lo straordinario è stato
eseguito.
1.3
L’art. 2, comma 2, disciplina invece l’obbligo di
informazione citato in presenza di prestazioni di lavoro straordinario eccedenti
le tre ore complessive nell’arco della settimana, allorquando l’orario di
lavoro programmato su base plurisettimanale eccede le 45 ore settimanali.
E’ il caso, nell’esempio riportato al par. precedente, di quanto può
accadere nel secondo periodo, da maggio ad agosto, ove l’orario di lavoro
normale predeterminato è di 46 ore settimanali. In tale ipotesi, l’obbligo
formale di comunicazione alla Direzione Provinciale del lavoro nascerà ogni
qualvolta – in tal caso nell’arco della stessa settimana – la prestazione
straordinaria ecceda le tre ore oltre la 46^.
Nel sottolineare che lo straordinario di tre ore è riferito a ciascuna
settimana, si precisa che l’informazione de qua dovrà essere effettuata
sempre con le modalità di cui al primo comma dell’art. 2 e cioè entro il
primo giorno feriale lavorativo del mese successivo.
1.4
E’ appena il caso di precisare che si è in presenza di "orario multiperiodale" formalmente determinato, solo allorquando l’imprenditore ha programmato il predetto orario e lo ha formalizzato con le modalità di cui all’art. 12 del R.D. 10.9.1923 n. 1955 (esposizione sul luogo di lavoro della tabella degli orari praticati e trasmissione della stessa al Servizio Ispezione del Lavoro).
1.5
L’art. 3, poi, dispone la possibilità di avvalersi per la comunicazione, di fax o di altro strumento telematico o informatico idoneo ad accertare la fonte di provenienza della comunicazione, senza successiva necessità di ricorrere agli ordinari mezzi postali.
2. Trasfertisti ed obbligo di comunicazione
Alcune Direzioni del lavoro ed Associazioni datoriali
hanno rappresentato le difficoltà obiettive di adempiere puntualmente
all’obbligo della comunicazione del superamento delle 45 ore settimanali per
le aziende che, per la natura dell’attività svolta, hanno necessità di
disporre per alcuni dipendenti frequenti trasferte rientranti in ambito non solo
provinciale o regionale, ma anche nazionale od extra nazionale (c.d. "trasfertisti"
ovvero personale distaccato o in missione).
Il problema sollevato, di indubbio rilievo, non si può evidentemente risolvere
nell’ambito di una rigida verifica dell’osservanza delle modalità temporali
previste dalla norma, ma tenendo conto delle obiettive ed eventuali ragioni
ostative.
Ciò, del resto, alla luce di un’interpretzione della norma stessa senza
dubbio più realistica e più equitativa che tenga conto delle esigenze
aziendali nel rispetto dell’obbligo previsto, il quale impone pur sempre di
notificare all'organo ispettivo il ricorso al lavoro straordinario.
Si ritiene, pertanto, che l’obbligo in questione possa ritenersi assolto
quando non sia possibile in senso assoluto un puntuale rispetto dei termini di
adempimento, consentendosi alle aziende di motivare adeguatamente le ragioni
della comunicazione tardiva, in modo da permettere all’organo di vigilanza una
ponderata valutazione, caso per caso, delle situazioni in atto.
3. Motivazioni del ricorso al lavoro straordinario
In sede di conversione, nel nuovo testo dell’art. 5 bis
non è più previsto che la comunicazione debba contenere i motivi di ordine
tecnico-produttivo che hanno imposto il ricorso al lavoro straordinario.
Tuttavia, per consentire comunque un tempestivo ed adeguato esame della
comunicazione da parte dell’organo di vigilanza, l’esposizione delle ragioni
del ricorso al lavoro straordinario appare opportuna. Solo in tal modo, infatti,
l’organo ispettivo è messo nelle condizioni di esplicare le verifiche di
propria competenza in termini brevi e senza il ricorso ad accertamento in sede
aziendale per il riscontro delle circostanze di fatto e di diritto che hanno
indotto a far ricorso alle prestazioni di lavoro straordinario.
In questo senso deve essere valutata la precisazione già esplicitata con la
circolare n. 10/99 dell’1.2.99.
4. Limite giornaliero o settimanale della prestazione straordinaria
Nelle imprese non industriali la regola e i limiti sono
stabiliti dall’art. 5 del R.D.L. 692/1923 che li individua in due ore
giornaliere e dodici settimanali. E’ evidente dunque, che in tali imprese non
potrà essere superato – tra ordinario e straordinario – il limite massimo
di 52 ore settimanali, senza alcuna limitazione legale, riferita al trimestre
e/o all’anno.
Nelle imprese industriali, invece, i limiti temporali sono stabiliti dalla
contrattazione collettiva e, in mancanza, della legge (80 ore trimestrali e 250
annue), che hanno determinato una disciplina particolare proprio riferita solo a
queste ultime imprese.
Per l’individuazione del limite giornaliero, per le imprese suddette, dovrà
farsi comunque ricorso all’attuale accordo interconfederale del 12.11.1997,
che ha recepito la direttiva UE n. 104/93 sull’organizzazione dell’orario di
lavoro.
Conseguentemente, sulla scorta di tali fonti normative, un limite all’orario
giornaliero può ora essere rinvenuto proprio nella previsione della direttiva
stessa che, per ogni periodo di 24 ore, prevede un periodo minimo di riposo di
11 ore consecutive.
5. Personale direttivo
L’art. 3, comma 2 del
R.D. n. 1955/1923 (reg. relativo
alla limitazione dell’orario di lavoro) fornisce, con riferimento alle
funzioni svolte, la nozione legale di tale categoria di personale che viene
identificato in quello preposto alla direzione tecnica o amministrativa
dell’azienda o di un reparto di essa con la diretta responsabilità
dell’andamento dei servizi e cioè: gli institori, i gerenti, i direttori
tenici o amministrativi, i capi ufficio ed i capi reparto che partecipano solo
eccezionalmente al lavoro manuale (in quanto strumentale).
In tale quadro, la giurisprudenza è costante nel ritenere che il concetto di
"personale direttivo" è comprensivo non soltanto di tutti i dirigenti
ed institori che rivestono qualità rappresentative o vicarie, bensì anche –
in difetto di una pattuizione contrattuale in deroga – del personale direttivo
c.d. "minore", ossia gli impiegati con funzioni direttive, i capi di
singoli servizi o sezioni di aziende e, in definitiva, i capi ufficio ed i capi
reparto che eccezionalmente possono svolgere persino attività manuali.
E’ da puntualizzare, comunque, che l’inquadramento nella categoria del
personale direttivo dipende dalla corrispondenza delle mansioni in concreto
assegnate al lavoratore a quelle previste dalla disposizione definitoria di
detto personale (art. 3, comma 2 R.D.
1955/1923) non potendo derivare dal mero
dato formale del conferimento della qualifica (Cass. 30.3.1992, n. 3914).
Infine, non può sottacersi come l’evoluzione tecnologica abbia comportato,
nell’ambito dell’organizzazione aziendale, l’ingresso di nuove figure
professionali che, sebbene prive di potere gerarchico, conservano, nel
disimpegno delle loro attribuzioni, ampia possibilità di iniziativa, di
discrezionalità decisionale e di determinazione autonoma sul proprio tempo di
lavoro. Si ritiene, pertanto, anche sulla base di quanto è rinvenibile
nell’avviso comune sottoscritto da Confndustria, CGIL, CISL e UIL del
12.11.1997, che tali figure possano essere inserite tra il "personale
direttivo" sempreché, beninteso, le loro attribuzioni siano comunque
riconducibili a profili professionali – individuati nella contrattazione
collettiva – propri del personale direttivo.
6. Lavoro effettivo
In ordine alla nozione di lavoro effettivo, si fa presente che – in attesa di una revisione organica della disciplina dell’orario di lavoro anche in attuazione della direttiva 93/104 CE – l’art. 3 del R.D.L. 692/1923 è finalizzato alla quantificazione della durata giornaliera della prestazione lavorativa secondo le ipotesi esplicitamente contemplate dall’art. 5 del R.D. 10.9.1923 n. 1955 (regolamento relativo alla limitazione dell’orario di lavoro). Tuttavia, si ritiene di dover precisare che, ai meri fini dell’adempimento informativo posto dalla legge 409/88, sono da ritenersi assimilati a periodi non considerati come lavoro effettivo (art. 5 R.D. 10.9.23, n. 1955) i periodi di mancata prestazione lavorativa previsti dalla contrattazione collettiva come ad es. le assenze per malattia, per sciopero, i permessi non retribuiti, ecc.
7. Mancata determinazione del limite trimestrale o annuale
Una delle innovazioni più importanti contenute nella
citata legge 409/98 è indubbiamente quella riferita a una sorta di
delegificazione della normativa per quanto attiene ai limiti temporali entro i
quali è possibile il ricorso al lavoro straordinario che sono ora individuati
dalla normativa contrattuale collettiva, la quale potrà prevedere limiti
inferiori e anche superiori a quelli legali (seppure nel rispetto del principio
del contenimento). Quindi, il doppio limite – annuale e trimestrale – di
legge, è chiamato ad intervenire solo "in assenza di disciplina ad opera
di contratti collettivi nazionali".
Pertanto, nel caso in cui la contrattazione collettiva abbia individuato un solo
limite (trimestrale o annuale), vige in toto la disciplina collettiva, senza
l’obbligo di dover ricorrere a quella di legge per la parte relativa al limite
non previsto.
Del resto, la disciplina contrattuale non è tenuta – ex L. n. 409/98 –
nell’individuare un periodo di contenimento del ricorso al lavoro
straordinario, ad introdurre un doppio limite di riferimento.
8. Individuazione delle imprese industriali
La categoria delle imprese industriali, ai fini
dell’applicazione della normativa in questione, deve ritenersi comprensiva di
tutte le imprese che si propongono, attraverso la trasformazione di materie
prime, la creazione di nuovi prodotti o la predisposizione di servizi anche alle
imprese.
In linea esemplificativa, possono, dunque, ritenersi tipiche imprese industriali
le imprese manifatturiere, meccaniche, di fabbriche o costruzioni e minerarie;
possono rientrare nella categoria anche le imprese editrici, stampatrici o
librarie, le imprese teatrali, cinematografiche e radiofoniche, le imprese
alberghiere, e, deve ritenersi, anche le imprese agricole, quando l’attività
svolta da queste ultime sia riferita a prodotti conferiti da terzi in modo
prevalente e sempre che l’impresa stessa abbia i caratteri della industrialità
come sopra specificati.
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO
DOTT.RAFFAELE MORESE